Mercoledì 11 settembre abbiamo incontrato i tecnici responsabili del progetto di Coop Liguria e Talea per la riconversione delle Ex Officine Guglielmetti. E’ previsto un nuovo incontro per approfondire le tematiche e le problematiche emerse nel primo incontro.
L’incontro è stato cordiale e certamente interessante.
Ovviamente sono emersi i diversi punti di vista fra i proponenti e noi semplici cittadini residenti in questo quartiere.
Il punto di vista del proponente è quello di chi ha comprato un’area partecipando a una gara pubblica indetta dal gruppo AMI, braccio immobiliare dell’azienda di trasporti AMT, a circa tre volte il suo valore commerciale. Questo è avvenuto per evitare che la gara fosse vinta da un concorrente commerciale che si sarebbe potuto insediare in una area commerciale molto più grande della odierna Coop Superstore di Piazzale Bligny. La concorrenza fa bene ma non in questo caso e il proponente ha fatto capire che se non si fosse agito in questo modo forse avrebbero chiuso i battenti.
L’area del gruppo AMI è stata resa appetibile cambiando la destinazione d’uso delle aree. Maggiore capacità edificatoria, destinazioni d’uso di maggiore interesse, abbandono della destinazione industriale per la destinazione produttiva.
Questa è stata una scelta “politica”, diversamente nessuno avrebbe comprato quell’area. La storia è sempre la stessa: il comune non ha soldi e per monetizzare privatizza le aree che ha. Se non hanno valore si alzano gli indici edificatori e si cambiano le destinazioni d’uso. Occorre ricordare questa logica quando viene propagandato che vendere il patrimonio pubblico è una cosa sana e giusta, spesso veicolata come unica soluzione ai dissesti finanziari dello stato o dei comuni. Occorre capire che prima o poi qualcuno paga, magari i nostri figli o le generazioni future.
Chi ha comprato, ha tutto il diritto di edificare secondo i crismi e i regolamenti edilizi: altezze, superfici, volumi, ecc. Non importa se queste maggiori possibilità sono state concesse per scongiurare l’imminente baratro finanziario di AMT nel 2008, non per reale necessita di urbanizzazione del territorio.
Nonostante la buona volontà dei proponenti le aree comprate devono fruttare, è il mercato che lo richiede ed è comprensibile nell’ottica del costruttore, qualunque esso sia. La cooperativa di consumo, pur ispirandosi a valori sociali ed etici, deve agire nel libero mercato e in questo contesto deve operare per sopravvivere.
Il punto di vista dei cittadini è quello di poter vivere in un ambiente sano, non solo dal punto di vista salutistico, ma anche sociale, ambientale, paesaggistico. In una parola di poter vivere nel bello e non in una periferia decadente all’ombra di un centro commerciale. Questo diritto non deve essere riservato solo alle poche famiglie dei quartieri rinomati ma a tutti secondo un principio di sostenibilità ambientale e di conservazione delle risorse non rinnovabili. Questi indirizzi sono stati indicati preferenzialmente per la Val Bisagno nell’agenda 21 e sottoscritta dal Comune di Genova e Provincia già nel 2004, un riconoscimento dei valori storici e ambientali di questa valle, non solo per chi ci abita, ma per tutta la città come possibilità di un diverso futuro, quello auspicato per il 21° secolo.
Se da una parte il proponente indica un miglioramento delle aree, comunque in modo funzionale ai suoi modelli e interessi economici, dall’altra si chiede di mitigare l’impatto delle attività previste sulla popolazione residente.
La trasformazione imporrà modelli e comportamenti che abbiamo già visto in operazioni simili, una trasformazione che i cittadini non hanno chiesto direttamente, ne desiderato. I precedenti di queste operazioni sono desolanti, si veda l’area di Campi e di Sampierdarena.
Il progetto si profila complesso perché è impossibile far conciliare pienamente le due divergenti posizioni.
Occorre considerare che in tutto questo procedere, la parte debole siamo noi cittadini. Siamo stati prima abbandonati da un’amministrazione debole e ricattabile finanziariamente che ha abdicato ai suoi intenti per sanare temporaneamente un’imbarazzante fallimento di AMT. In queste scelte poco abbiamo contato e poco abbiamo da contrapporre se non la forza della nostra ragione.
Nonostante la nostra posizione, del tutto squilibrata fra le due parti, abbiamo fatto appello alla sensibilità e alla volontà, che non è mancata, dei proponenti, chiedendo loro di rivedere gli accessi delle rampe elicoidali, di spostare o limitare al massimo l’impatto e la forma dell’edificio alberghiero alto 35m, di utilizzare le migliori tecnologie per limitare la distruzione degli elementi del paesaggio (con interventi di ingegneria verde), di identità, e della qualità di vita del nostro territorio.
Non nascondiamo le preoccupazioni per l’aumento del traffico e delle sostanze inquinanti in sospensione perché il proponente ammette che, con l’avvio del nuovo edificio ex-Italcementi e la nuova Coop, saranno previste migliaia di autovetture in più rispetto ad ora e per questo sarà necessario aumentare il raggio della rotonda davanti a Ponte Carrega.
La forma, la collocazione e l’altezza dell’edificio alberghiero è quella che i proponenti indicano la più interessante commercialmente, dal loro punto di vista non è modificabile perché hanno sostenuto che non potrà essere diversamente venduto. Una posizione che riteniamo singolare dato che, se così fosse, al mondo non ci sarebbe altra forma d’albergo oltre a quella che loro sostengono e che assomiglia, secondo noi, a motel autostradale.
Di fronte a queste premesse, con amministrazioni che hanno barattato la qualità di vita di una intera valle in cambio del risanamento temporaneo di AMT o qualche interessante monetizzazione sugli oneri di urbanizzazione come per esempio le aree Italcementi, cosa possiamo aspettarci?
Anche se l’amministrazione è cambiata, è il “PASSO” doveva essere diverso, la tendenza sembra essere la stessa. Nonostante l’incontro con Sindaco, vice sindaco e Assessori, che hanno negato questa possibilità, l’amministrazione si prepara ad approvare una nuova variante che prevede un parcheggio in struttura e una nuova strada parallela a Viale Gambaro di Montesignano.
Cosa possiamo aspettarci domani?
Noi saremo presenti per raccontare questa storia, per ricordarla ai nostri figli e a chi presto perderà la memoria di chi ha voluto tutto questo. Lo ricorderemo a coloro che sventoleranno, solo a parole, la bandiera del cambiamento.
Chi pagherà il conto?
“Questa nuova urbanizzazione tende ad annullare l’equilibrio città-campagna, anzi infrange o nega ogni codice storico-culturale dello spazio perché è al servizio dell’industrializzazione, di cui adotta pratiche e strategie, ponendo il mercato al di sopra di ogni altro valore. La distruzione dei codici di organizzazione dello spazio, delle loro valenze storiche, memoriali e simboliche in favore di un’indiscriminata cementificazione al solo servizio del ‘dio mercato’ comporta una drammatica perdita di significati”.
Salvatore Settis, “Paesaggio, Costituzione, Cemento. La battaglia per l’ambiente contro il degrado civile”, Torino 2010.
Per correttezza sotto indichiamo alcune osservazioni del proponente dopo la pubblicazione di questo articolo
“…mi permetto di esprimere la mia opinione con franchezza, al fine di avere, se ciò può essere utile, un confronto che faccia entrare nel merito delle soluzioni proposte tutti coloro che ne hanno interesse; infatti penso che a questo devono servire i processi partecipativi che a mio avviso, devono rispondere sempre a criteri di interesse generale, in quanto “superiori”.
Ciò detto e con riferimento al verbale presente sul sito, mi pare che l’informazione sul progetto sia un po’ incompleta e non riporti i contenuti della proposta di variante che, com’è noto, scaturisce da un approfondimento sull’idoneità dell’area e del contesto circostante ad ospitare la funzione del cash and carry. Fermo restando ogni libero pensiero sull’opportunità e/o la possibilità di disporre di beni pubblici in modo diverso rispetto alle scelte già operate dalla Amministrazione Comunale, tuttavia credo utile rendere noto, per una discussione più ampia, che la soluzione proposta è comunque meno impattante nelle funzioni (albergo in luogo del cashandcarry) e di minore volumetria; complessivamente ci sono circa 8.700mq. in meno di costruito rispetto a quanto oggi legittimamente previsto nelle aree di proprietà: oltre a ciò vanno valutati altri elementi quale l’organizzazione e la dotazione degli spazi pubblici e le scelte architettoniche che, vi confermo in assoluta buona fede, abbiamo cercato proprio per la riqualificazione del contesto.
Spero che venga percepita la massima buona volontà che anche personalmente ha messo chi ha lavorato al progetto, proprio per ricercare nella trasformazione (oggi inevitabile, anche se mi rendo conto, da voi poco gradita) una soluzione che dia un elemento di valorizzazione alla Vallata, che in parole povere migliorando ciò che oggi c’è, si coniughi comunque con esigenze di l’interesse pubblico.
Con amicizia…” e-mail Arch. Ferrari 17/09/2013
28 Novembre 2013 alle 12:09
Si, probabilmente lo e