Analisi della domanda di mobilità, del contesto urbano della val Bisagno
La Media Val Bisagno copre una popolazione di circa 70000 persone, un territorio molto fragile sotto tutti i punti di vista e mal collegato con il centro città; a questo numero sono da aggiungere le migliaia di persone che ogni giorno si recano in città per studio o lavoro, provenendo dalle valli immediatamente retrostanti, la Val Trebbia, la Valle Scrivia.
La richiesta di un servizio capillare, puntuale, comodo ed efficiente proviene quindi non solo dai nuclei abitativi della media Val Bisagno ma anche nell’immediato entroterra.
Nel tempo il territorio è sempre stato oggetto di continue, persistenti colate di cemento, compreso l’ultimo “gioiello uscito fuori dal cilindro”, il Bricoman sito in località Ponte Carrega, per non dire della vicenda dell’area ex piombifera Moltini per la quale, due settimane fa circa, si è arrivati a un esito momentaneo, con la sentenza del T.A.R.(Tribunale Amministrativo Regionale) che ha dato ragione al Comune in merito allo sgombero della zona, occupata dai camion, anche se la ditta perdente, la Ricupoil ha già fatto ricorso al Consiglio di Stato.
Ancora per molto tempo occorrerà quindi sollecitare lo spirito di sopportazione per i cittadini della zona, con la questione COOP e dell’albergo nelle aree ex officine Guglielmetti, al momento bloccati.
Si tratta quindi di un territorio che ha fortemente perso la sua identità storica, i suoi veri punti di riferimento storici che con gli anni sono andati via via scemando, certamente non per colpa della popolazione residente, ma a causa di una urbanizzazione selvaggia, assolutamente scriteriata, senza alcuna pianificazione, che non ha tenuto per nulla conto delle vere esigenze territoriali e che ha devastato le nostre colline, quel poco di verde che ci è rimasto.
Allo stesso tempo, dopo la fatidica, tragica data del 4 Novembre 2011, è in atto un vero e proprio rinascimento di alcuni luoghi simboli, a cominciare, per esempio dal cimitero monumentale di Staglieno e a molti altri luoghi significativi, uno su tutti il nostro bellissimo, rinato trogolo situato sotto la chiesa di San Bartolomeo di Staglieno, una vera consapevolezza di rinascita, di quanto il territorio sia sempre e solo di chi lo abita, di chi tutti i giorni lo percorre in lungo e in largo, lo frequenta, lo vive quotidianamente.
Allo stato attuale i collegamenti con il centro cittadino sono effettuati con mezzi a dir poco “rudimentali”, arretrati se si considerano i mezzi gommati, i rumorosissimi Breda Menarini, per l’epoca il “progresso” che hanno incominciato a far capolino in zona a partire dal 1997.
Tuttavia un minimo di miglioramento dal punto di vista del comfort interno, silenziosità, non certo per quanto riguarda le frequenze, la puntualità le quali sono assolutamente carenti, insufficienti a soddisfare la richiesta, lo si è avuto da pochi anni con la messa in servizio degli ottimi mezzi, “amici dell’aria” della belga Van Hool e da circa quattro anni con l’arrivo dei nuovissimi autobus ecologici della casa polacca Solaris.
Si tratta infatti, in entrambe le situazioni, di autobus molto belli dal punto di vista estetico, a bassissimo impatto ambientale sia come emissioni che a livello acustico, molto silenziosi, aventi però un difetto direi essenziale, cioè non hanno cambiato nel corso degli anni il nostro modo di spostarci in vallata e soprattutto non hanno mutato un aspetto fondamentale nell’ambito di chi conosce il campo dei trasporti, ossia la portata del veicolo, trattandosi di mezzi lunghi al massimo 18 m come ci insegna il regolamento del Codice della Strada (D.Lgs n. 285/92) e l’abitudine ormai consolidata, oramai quasi cinquantennale dei nostri concittadini a stare stretti come sardine, schiacciati su tali mezzi specialmente durante le prime ore del mattino, in fascia preserale e talvolta serale, quando la gente torna dal lavoro. Il TRAM è un’altra cosa.
Aspettando u Tramway!
Manca dunque ancora un fondamentale, basilare’asse di trasporto, di ricucitura tra la nostra amata valle e il centro cittadino, fino a Piazza de Ferrari e oltre, e che ci possa far ritornare indietro di quasi 50 anni quando i nostri nonni dicevano “prendevamo u tramway per andare a Zena”, ma allo stesso tempo ci possa ridare un servizio pubblico di livello europeo per il futuro, che la valle e tutta la città meritano da decenni.
Attendendo, sottolineo non passivamente ma in maniera partecipata, la presentazione da parte del Comune dello studio sul tram in zona e in città, nell’ambito del P.U.M.S. (Piano Urbano Mobilità Sostenibile, legge europea 340/2000) ribadiamo dunque l’assoluta, imprescindibile necessità, di un sistema portante di forza, quale è quello tranviario, l‘unica vera soluzione per Genova, come è inequivocabilmente emerso dal dibattito pubblico organizzato dal Comune, svoltosi nel Marzo del 2011 e conclusosi nel Giugno dello stesso anno.
Si pensi, ragionando in termini di “effetto rete” oltre alla nostra vallata, al Levante, in particolare all’asse di Corso Gastaldi, Corso Europa, dove si era parlato di tranvia fin dal 1997 quando fu creata la corsia centrale per i mezzi pubblici, all’epoca della giunta Sansa e dell’assessore al traffico Vill, al Ponente, almeno fino a Sestri e passando per le vie centrali, un vero salto di qualità, un sistema collaudatissimo ormai da oltre 150 anni circa quale è quello tranviario, un punto di riferimento insostituibile per una qualsiasi città che si voglia definire Smart.
Il Sistema Tram deve per forza essere integrato con la rete metropolitana, prolungata almeno fino a Piazza Martinez a Levante e Canepari sul lato Val Polcevera, la ferrovia urbana, gli impianti speciali, in modo da creare l’interscambio ferro – ferro e le linee di autobus, le quali, come è noto dalla Scienza dei Trasporti, devono assolvere il ruolo di adduzione, specialmente dalla colline e non possono costituire un asse di forza sulle quattro direttrici principali, Val Bisagno, Levante, val Polcevera e Ponente, oltre che del centro città.
Costituisce l’unico, il solo mezzo in grado di poter soddisfare sia la domanda di trasporto, sia la qualità del trasporto e allo stesso tempo rappresentare un vero salto di qualità nel concepire il viaggio, il modo di spostarsi, in grado di riportare una completa rivalutazione a livello urbanistico, territoriale, un aumento dei valori immobiliari, una appetibilità della zona attraversata dalla tranvia, come è testimoniato da moltissimi esempi in giro per l’Europa.
Il tram è amico di tutti i cittadini, è silenzioso, non inquina costituisce un fattore di attrattività, appeal per tutti, anche e soprattutto per chi volesse venire ad abitare in zona, nella nostra amata valle, trovando in questo contesto un mezzo puntuale, comodo, confortevole che in poco tempo è in grado di soddisfare le esigenze di ogni singolo cittadino.
Il percorso della tranvia della val Bisagno è identificabile con quello storico, in sponda destra partendo dall’attuale capolinea delle linee bus di Pian Martello. Strategico è il nodo di Molassana, dove sono stati inaugurati, il 31 Dicembre scorso, la strada in sponda destra lungo il torrente e il ponte strallato; si tratta infatti di una carreggiata costituita da una corsia per senso di marcia che intercetta, grazie ad una rotatoria che si sta completando, il traffico di attraversamento proveniente da via Emilia. In questo modo, come ci auguriamo tutti e come dovrebbe essere nelle intenzioni del municipio, buona parte di Via Molassana, a partire dalla traversa di via Salvo D’Acquisto, verrebbe trasformata e resa parzialmente pedonalizzata, riservata al traffico locale e quindi al futuro tanto auspicato asse tranviario.
Questi cambiamenti della viabilità, ottenuti grazie ai fondi europei del P.O.R. (Piano Operativo Regionale), a cominciare dalla realizzazione del parcheggio interrato destinato a residenti e di interscambio, nell’area occupata fino a pochi anni fa da un magazzino comunale, seppur non trovandoci pienamente d’accordo, in mancanza di una vera pianificazione urbanistica che manca in questa città da almeno 50 anni, costituiscono comunque, pur con tutti i limiti del caso, un presupposto importante per la rivalutazione della zona.
Critica potrebbe essere la zona di San Gottardo; dal dibattito pubblico del 2011 era emersa chiaramente la volontà del passaggio dentro l’abitato a doppio senso come fino al 2003, pur con qualche criticità generale e puntuale, dettata essenzialmente dalle strade laterali che portano ai numeri civici, risultato della cementificazione selvaggia degli anni’60, e dalle attività commerciali.
Resta il fatto che il passaggio in sede mista dentro l’abitato, seppur con qualche possibile disagio, problematica che dipende molto anche dal senso civico, dalla volontà delle persone residenti, costituirebbe un valido esempio di riappropriazione del territorio da parte dei cittadini, con possibilità di avere il mezzo a pochissimi passi dal portone di casa, un innumerevole vantaggio specialmente per le molte persone, anziane e per i bambini, studenti, carrozzine ma in generale una vittoria per tutta la cittadinanza.
Altro fattore a vantaggio del transito interno è il numero di posti auto eliminati, certamente in maniera infinitamente minore, praticamente irrisoria rispetto al passaggio a salire su Via Emilia; gli stalli interni sarebbero comunque recuperati grazie ad una migliore riorganizzazione degli spazi, a cominciare dallo spazio recuperato dalle fermate.
Per quanto riguarda i cantieri, le moderne tecniche di posa delle rotaie permettono tempi di realizzazione piuttosto brevi. Inoltre per poter minimizzare i disagi al traffico, una buona parte di lavori si potrebbero fare in ore serali. Comunque non è assolutamente un problema
Il tratto tra il ponte Feritore e Guglielmetti potrebbe tranquillamente essere risistemato al fine di disciplinare il traffico privato e dunque favorire il mezzo pubblico, anche in sede non del tutto riservata, protetta. Tra il ponte Guglielmetti e la zona di fronte a via Lodi, in parte lo spazio già c’è dove è ubicata l’attuale fermata in direzione monte, si tratta di trovare una soluzione che possa essere condivisa da tutti, senza necessariamente creare una soletta a sbalzo impattante davanti alla strettoia di Via Lodi, in modo da favorire il mezzo pubblico e non creare ingorghi, commistioni in un punto delicato.
Foto 1 Tram a Staglieno (Fonte: “Un Tram per Genova”)
Non c’è assolutamente bisogno di ristringere il torrente, come ormai noto da anni e come abbiamo sempre sostenuto, nel tratto di fronte alle rimessa Gavette, basterebbe arretrare il deposito di pochi metri, in modo tale da poter favorire il mezzo pubblico creando anche dei parcheggi pertinenziali, per i residenti, i quali spesso hanno difficoltà a trovare parcheggio e bloccano loro stessi il traffico, specialmente in orari serali creando intralcio ai pedoni.
La soluzione migliore è sicuramente lo spostamento della rimessa, ci auguriamo dei nuovi tram e relativa officina, alla Risso di Staglieno, con uno spazio occupato enormemente inferiore, di almeno un terzo rispetto alla situazione attuale dei bus e con la possibilità, data la bidirezionalità dei moderni tram, analogamente alle storiche Littorine genovesi Serie 900, 1100 e alle Castegini Serie 1700, di invertire la marcia in caso di situazioni particolari, guasti.
Per quanto concerne il tratto dalla rimessa Gavette fino al ponte Bezzecca, anche in questo caso l’importante è che venga salvaguardato l’assetto idrogeologico del fiume e non il suo stravolgimento come sembrava che fosse nelle intenzioni iniziali, e allo stesso tempo la necessità assoluta di avere un servizio pubblico su rotaia degno della ormai ritrovata Superba.
Le due necessità, quindi creazione dell’asse tranviario senza stravolgimento del torrente e la salvaguardia dell’assetto idrogeologico, di fatto due cose che vanno di pari passo, in assoluta armonia, simbiosi, sono perfettamente conciliabili e costituiscono uno strumento, un punto di svolta epocale per la zona interessata.
Foto 2 Vista della zona della stazione Brignole intorno ai primi anni ’60
Il tram, come testimoniano molto bene le due foto, restituisce lo spazio pubblico ai cittadini e aumenta la qualità della vita per tutti, anche di coloro che prima non ne apprezzavano i pregi o che non avevano minimamente idea di cosa fosse la progettazione, realizzazione, la costruzione di una Rete Tranviaria.
Concludendo, vi diamo l’appuntamento al prossimo articolo per poter continuare a parlare e del ritorno, come tutti ci auguriamo, di questo fantastico mezzo di trasporto in città, a cominciare dalla Val Bisagno, e a poter dire un giorno, finalmente, dopo tanta pazienza, passione e come dice il sottoscritto Cultura Urbana, “Genova in Tram”.
7 Maggio 2018 alle 21:36
Avevamo una rete tramviaria, direi capillare, che è stata smantellata dalla scelleratezza di chi governava la città per favorire il traffico automobilistico privato. Ero relativamente giovane quando l’ultimo tram ha percorso la val Bisagno e mi è dispiaciuto moltissimo non vedere più le nostre littorine, con nessun beneficio per la nostra bella città.