La Leggenda di Forte Sperone
Se alziamo lo sguardo sulla sommità del monte Peralto, noteremo un’imponente fortificazione che minacciosa vigila sulla Valbisagno. Tra le nubi grigie lo osserviamo: oscuro, tetro, grandi torri circolari in pietra, finestre vuote e misterioso con la sua storia e antiche leggende. Forte Sperone, l’apice delle seicentesche Nuove Mura e protagonista di una cruenta battaglia contro gli austriaci nell’assedio del 1800, con i suoi soldati riempì il proprio fossato di cadaveri nemici, senza accusare perdite. Era temuto, rispettato e ambito. Ma questa è storia, in pochi invece conoscono la sua antica leggenda. Si narra che oggi la fortificazione non sia totalmente abbandonata, ma che all’interno si aggiri un fantasma dall’aspetto brutale. Facendo un passo indietro nel 1600, nelle vicinanze del Forte una famiglia di contadini trovò il corpo orribilmente mutilato di una pastorella, presentando un grosso morso alla gola. Da quel giorno il monte Peralto non è più stato lo stesso, strane presenze spaventarono numerosi viandanti e contadini, finchè in una data imprecisata del ‘800, nei pressi del Forte si decise di eseguire una seduta spiritica all’interno di una vecchia scuderia abbandonata da tempo per evocare lo spirito. Apparì il fantasma di un bruto accompagnato da un grosso cane nero, il quale affermò di essere costretto a vagare per l’eternità in questo limbo a causa delle sue malefatte. Raccontò di aver attirato a sè una giovane che abitualmente portava il suo gregge a pascolare in questi prati; con la menzogna le fece credere di essere un suo collega, portandola in un luogo isolato. Lei si fidò, ma finì per essere picchiata, violentata e uccisa con un terribile morso alla gola. Dileguandosi poi nel nulla con il suo cane. Da quel terribile giorno, è costretto a vagare intorno al Forte con il suo infinito tormento insieme al suo cane. Spesso, durante i mesi più freddi, quando i primi raggi del sole si infiltrano tra gli alberi del bosco, vengono avvistate tre sagome: quella di un bruto trasandato, quella di un grosso cane e una fanciulla dal colorito pallido e dagli abiti insanguinati. Ormai costretti a vagare per l’eternità insieme. Questa è la leggenda di Forte Sperone. Fantasiosa o no che sia, da oggi osservarlo sulla cima del monte Peralto tra le nubi dei mesi invernali farà sicuramente viaggiare la nostra fantasia.
Breve storia
Nel 1626 tra discussioni e progetti delle ambiziose Mura Nuove, si prese tempo per decidere se “inglobare” la Bastia del Peralto e renderla l’apice della nuova cinta muraria oppure fermarsi alla Bastia del Promontorio; si decise nel luglio dello stesso anno di estendere il più possibile le mura, per controllare meglio le alture e un eventuale movimento del nemico. In seguito ai fatti bellici del 1746, per contrastare l’avanzata austriaca, il Sicre ordinò la costruzione di un cavaliere in gabbioni sull’estremo bastione dello Sperone, con lo scopo di aumentare la potenza di fuoco e concentrare meglio la forza sulle valli, lavori che ebbero inizio nel 1747, data importante per il forte che permise di intuirne la sua reale importanza strategica.
Nel 1800 con l’assedio austriaco, per la prima volta la capacità della fortificazione venne messa alla prova: durante questo periodo Poterna Sperone venne murata perchè il generale Massena ne ordinò la chiusura ritenendola “mal difesa e facile a sforzarsi”. Al termine dell’assedio e dopo aspre battaglie, Forte Sperone si confermò inespugnabile e riempiendo di nemici morti i fossati sottostanti. Da una testimonianza di un anonimo “Sulla cresta del monte il forte è inattaccabile per diverse ragioni, e primieramente, oltre a che malegevole sia l’ascendere sulla schiena dè monti su cui è situata, questa medesima non offre che la larghezza di pochi palmi su cui possa formarsi la colonna per andarne all’attacco; da tutte le parti il soldato vi arriva sbandato e così più facilmente resta colpito. Impossibile è poi d’attaccarlo secondo le regole dell’arte, a ciò ostando l’impossibilità del trasporto delle artiglierie (…) per non offrire il terreno area o spazio alcuno di ciò capace (…)”. Dopo questo evento e sotto l’influenza napoleonica si apre una nuova fase per il forte, il quale sarà oggetto di numerose modifiche da parte del generale Chasseloup.
Nel periodo del suo massimo sviluppo, forte Sperone contò su 300 soldati e 900 “paglia a terra” in caso di bisogno, nove obici, tre mortai, undici cannoni da 32, sei cannoni da 8 e dieci cannoncini. Durante i moti del 1849 i rivoltosi presero in ostaggio l’intendente Generale per chiedere in riscatto il forte e l’abbandono delle truppe regie da esso. Ceduto il forte si voltarono i cannoni, che prima puntavano verso la città, verso le valli. Col peggiorare degli eventi militari e la ripresa delle truppe piemontesi, iniziarono le diserzioni da parte della Guardia Urbana che presidiava il forte, in molti fuggirono calandosi dalle mura; una testimonianza della vicenda si ha con l’Avezzana “Al cittadino G.D. comandante lo Sperone. Sento tutta la gravità della posizione: il paese vi terrà conto della costanza spiegata da voi in questi supremi momenti. Alle nove si raduneranno gli arruolati disponibili, e farò quanto sarà possibile per rinforzare questa importante posizione… Frattempo continuate nella vostra fermezza. Nel momento che tutti disertano i pochi che restano al loro posto devono fare non solo il possibile, ma fore per così dire miracoli”. Il 10 aprile, con la definitiva resa, si aprirono le porte del forte trovando all’interno due soli uomini. Da segnalare un ultimo tentativo fallito di assedio del forte il 29 giugno 1857 da parte di una quarantina di uomini sostenitori delle idee mazziniane. Negli anni successivi, progressivamente con l’avanzata delle nuove tecnologie militari, le fortificazioni genovesi persero il loro scopo, durante la Grande Guerra infatti il forte fu convertito in prigione. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale il forte venne definitivamente abbandonato e fu depredato nella “corsa” al legno, ferro e ardesie per le ricostruzioni del dopo-guerra. Nel 1958 parte di esso fu dato in concessione alla Guardia di Finanza. Definitivamente abbandonato nel 1981 anno nel quale venne smantellata la casermetta, venne utilizzato in seguito per la realizzazione di spettacoli teatrali e visite guidate: attualmente è dichiarato chiuso ed inagibile da parte del Demanio.
Architettura
Forte Sperone, è una delle fortificazioni genovesi che ha subito più modifiche nel corso dei secoli. La sua origine è precedente al 1319, anno in cui sappiamo per certo che nel sito è presente una costruzione chiamata “Bastia”, costruita in legno e poi in pietra. Nel 1626 vengono edificate le Nuove Mura, terminate nel 1639, che inglobarono l’antica Bastia del Peralto.
Il Sicre, per potenziare l’apice delle mura durante l’assedio del 1747, fece costruire un “cavaliere” a gabbioni e una caserma per i soldati. Il cavalliere altro non è che un’opera rialzata che serviva per aumentare la potenza di fuoco, ma con il punto debole di essere più esposta. Nel 1796, la caserma non era ancora completata, ma si decise di ampliarla, edificando due ali perpendicolari ad essa con tetto a doppia falda. Con il regno sabaudo, vengono intrapresi una serie di lavori, che lo portano ad avere l’aspetto odierno composto da tre livelli su altitudini diverse. La prima fase del 1815, prevedeva l’innalzamento della cortina nel primo livello (il punto più basso) con un portale d’accesso provvisto di ponte levatoio e un serie di feritoie per i fucilieri.
Nel 1820 viene edificata una caserma bastionata nei suoi estremi con un lungo intercapedine che la divide dal monte, parallela al primo livello. Nel 1823, iniziarono i lavori sul terzo livello, con la demolizione del cavaliere e dei due corpi, aggiunti all’antica caserma, anch’essa modificata con una campata, per inserirne una nuova. Questo nuovo progetto è caratterizzato con l’inserimento di tre torri: agli estremi e una centrale, con al suo interno una scala elicoidale. La caserma è su due piani, con solidi muri che arrivano fino a 4 metri di spessore, la copertura è a volta di botte, con un grosso terrapieno per renderlo a prova di bomba. Al suo interno si può notare il grande uso di mattoni, tipicamente piemontesi. Infine, come ultimo lavoro, viene inserita una polveriera con il suo muro di contenimento in caso di esplosioni, che si caratterizza con una copertura in ardesia e un pavimento lastricato che nasconde al di sotto delle volte.
Nel 1830, completata, la caserma su due piani del secondo livello, vengono inserite tutte le coperture a doppia falda in legno, sorrette da monconi in pietra visibili ancora adesso e rivestite di ardesia. questo venne fatto sia per impermeabilizzare le caserme sia per aumentarne gli spazi disponibili. All’interno del forte possiamo trovare: cappelletta, forni, cisterne, lavatoi, magazzini e stalle.
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