Il progetto dello skytram della Val Bisagno sarebbe, nei sogni dell’amministrazione comunale, finanziabile con i fondi del Recovery Fund, il Piano Next Generation EU, una valanga di soldi pubblici che l’Europa si appresta a erogare ai paesi membri come contributo per la “transizione ecologica“.
E’ straordinario come questo piano sia in così netta contraddizione con un progetto come quello dello skytram che di “futuribile” e di sostenibile ha assai poco.
E’ vero, però, che questo progetto ha messo a nudo uno scontro generazionale nella visione della nostra città. Da una parte un’idea antiquata di città in cui ha la priorità il trasporto privato e il singolo individuo, che si contrappone ad una una visione di città di più ampio respiro in cui il mezzo di trasporto pubblico non è solo un mezzo di trasporto ma un vero e e proprio veicolo di trasformazione e di miglioramento del territorio.
Nella prima concezione, si punta su un’opera dai costi sproporzionati che rimarrà a carico delle generazioni future (alla faccia della Next Generation) e che intende cambiare tutto per non cambiare niente: il traffico rimarrà uguale ma il paesaggio della Val Bisagno ne uscirà deturpato. La nostra visione invece mira alla realizzazione di una tranvia, un’opera che tenta di migliorare la vivibilità dei nostri quartieri e che limitando il traffico privato, lo disciplinerebbe e di conseguenza contribuirebbe a diminuirlo. Nei contesti urbani in cui è stato reinserito, il tram è stato uno straordinario volano di riqualificazione e di rivalutazione del trasporto pubblico. In merito vi è una larga letteratura di respiro europeo e tutti sono concordi nel valutare positivamente gli effetti di reintroduzione del tram. Non vi è altrettanta letteratura in merito ad una proposta di Skytram perché non vi sono molti esempi di questo mezzo di trasporto in Europa e nel mondo. Sappiamo solo che al di là delle facili considerazioni riguardo all’impatto paesaggistico e di impatto sul torrente Bisagno, il costo di quest’opera si aggira intorno agli 80 – 89 milioni di euro al chilometro. Il Ministero dei Trasporti ha da sempre bocciato il progetto del tram poiché ritenuto antieconomico per i volumi di utenza rappresentati dalla valle. Il tram ha un costo al chilometro che varia dai 20 ai 26 milioni di euro. Basterebbe questo per sostenere le cause di un’opposizione ad un’opera spropositata per il nostro territorio, ma possiamo anche stare al gioco ed elencare altre cause di perplessità: il governo ha appena approvato il finanziamento del filobus per un totale di quasi 500 milioni di euro per tutta la città di Genova e per una linea in Val Bisagno. Davvero il governo aggiungerà altri 800 milioni ai 500 già dati per la città di Genova solo per la Val Bisagno? Altro punto critico: la distanza tra le varie stazioni. I progettisti dello Skytram prevedono di percorrere la Val Bisagno da Molassana (è impensabile un prolungamento verso Prato per gli stessi motivi di cui sopra: alto costo e poca domanda di utenza) a Brignole in 14 minuti. Per fare ciò è necessario ridurre il numero di fermate che sarebbero distanziate di circa 800 metri/1 chilometro l’una dall’altra. Quale sarà quindi l’effettivo tempo di percorrenza fino a Brignole contando gli spostamenti a piedi o con altro mezzo di trasporto o con altro mezzo pubblico? Oltretutto si consideri che la maggior parte del tracciato sarà sulla sponda sinistra del Bisagno e quindi lontano dalle abitazioni. Terzo punto critico: il finanziamento dell’opera. Se è vero che il Comune ha chiesto un finanziamento di 500 milioni per un’opera che ne costa almeno 800 e se è vero, come sembra, che i restanti costi saranno coperti da una joint venture di aziende private, come potrà il privato rientrare di questo investimento con 30 anni di affidamento del servizio in un territorio che perde continuamente utenza e abitanti? Quale dovrà essere il costo dei biglietti per poter assicurare la sostenibilità di quest’opera agli investitori?
A sostegno di questa tesi che prende in considerazione gli alti costi e la difficile manutenzione, riportiamo il caso della monorotaia di Sydney: Lo skytram viene demolito solo dopo 30 anni di esercizio.
In definitiva rileviamo diverse contraddizioni che ci sembra troppe persone non abbiano intenzione di approfondire abbagliate da promesse di progresso e che hanno invece a che vedere più con la sfera della propaganda politica. In questo senso, è molto più facile sostenere un’opera che pur costando 3, 4 volte di più non intralcia la mobilità privata abbassando il rischio di “costi” elettorali – piuttosto che sostenere un progetto riqualificante da un punto di vista ambientale, trasportistico, urbanistico e perfino più sostenibile economicamente se messo in comparazione con lo Skytram.
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