Da troppo tempo la nostra vallata è considerata l’area di servizio della città. Questa situazione non cambierà vista la volontà manifesta di trasformare questa porzione di città nella “Campi del levante” con grandi aree adibite a centri commerciali (Bricoman e Coop nelle ex officine Guglielmetti) con aree che continueranno a essere di servizio per la città (Rimessa Amt Gavette, Volpara, forno crematorio) e con le potenziali aree di prossima trasformazione come la stessa area della Rimessa Amt di Gavette, i macelli civici di Cà de Pitta, l’area Moltini e la cava Zanacchi.
La Val Bisagno non è e non può essere solo questo soprattutto alla luce di quello che era previsto per la nostra vallata dall’Agenda 21 che avrebbe dovuto fare della nostra vallata un progetto pilota di sviluppo sostenibile nel nuovo millennio per Genova e la Liguria, in un’ottica europea.
La vallata contiene molte potenzialità ancora oggi inespresse e tanto meno valorizzate. Nonostante la cementificazione e il conseguente peggioramento del problema del dissesto idrogeologico, la nostra valle racchiude grandi bellezze. La nostra associazione, come altre su questo territorio, si pone l’obiettivo di far risaltare, tra le contraddizioni e i problemi, le bellezze e le potenzialità del nostro territorio, ponendo l’attenzione su tutta una serie di beni comuni di cui moltissimi ancora oggi non ne conoscono l’esistenza e di cui si incomincia a perdere il valore e la memoria. Vogliamo puntare sul termine “riqualificazione” parlandone senza nasconderci dietro la speculazione edilizia e la cementificazione di cui questo termine sembra essere diventato sinonimo. Parliamo di beni come l’acquedotto storico, il sistema dei forti, delle neviere e delle ridotte, le chiese e gli oratori, il Cimitero di Staglieno, i sentieri storici, le nostre colline e i nostri versanti e infine il nostro Bisagno, un fiume da riscoprire e non da nascondere.

Uno di questi luoghi simbolo a cui la nostra associazione è molto legata è l’antico Ponte Carrega.

L’antico borgo di Ponte Carrega, abitato fin da epoca antichissima dai discendenti degli invasori Longobardi situati intorno a Bavari e poi diventati stanziali (presenza ancora oggi viva nei toponimi e nei cognomi di alcune famiglie ancora qui residenti, come i Gambaro), era posto in una posizione strategica tra la strada verso Genova e i valichi per andare verso la Val Polcevera (Gavette, toponimo che deriva dal termine “gava”, passo), verso Levante ma anche strategico per chi dalla val Bisagno andava verso Piacenza e la Val Padana. La storia tradizionale racconta che dopo aver pagato un alto contributo di vite umane durante i tentativi di guadare il fiume in piena, gli abitanti di Montesignano nel 1744 fecero richiesta alla Signoria di Genova di dotarli di un più solido attraversamento in pietra. Non si esclude la presenza di un ponte più antico di quello odierno, costruito forse dalle potenti famiglie che nella Valle avevamo ampie tenute e che usavano sentieri secondari per non pagare il tributo alla Repubblica. Si sa che nella zona erano frequenti i mulini (ne è testimonianza il fatto che ancora oggi verso Mermi una parte di borgo si chiama Molini) e la probabile presenza di cave di pietra rendevano necessaria la costruzione di un solido ponte carrabile: nasce così, tra il 1784 e il 1788 circa, il ponte di quattordici arcate che collegava le due sponde del Bisagno e che, secondo la fonte più ripetuta ma non la più sicura, era proprio denominato “delle Carrae” per questa caratteristica. Recenti ipotesi, che hanno trovato un riscontro importante in un documento ritrovato nell’archivio della Confraternita del SS. Sacramento di Terpi, riguarda la presenza di un certo Carrega quale protettore del ponte. Potrebbe essere la vera origine del toponimo. Il primo maggio del 1800 il ponte fu testimone di una battaglia della campagna d’Italia. Il generale Massena fronteggiò e sconfisse un reggimento austriaco che assediava Genova. Fu in quella occasione che gli antichi mulini furono privati dalle pale e bruciati per costringere la popolazione alla fame. Quasi un secolo dopo, sui terreni che appartenevano ad alcuni nobili genovesi che volevano evitare la costruzione della seconda parte del cimitero di Staglieno nella zona delle Gavette, fu realizzato in occasione della esposizione universale del 1892 il campo dei velocipedisti, che diverrà famoso per aver, tra il 1898 e il 1907, ospitato le prime partite di foot-ball della storia italiana e ammirato le prime imprese sportive di una giovanissima squadra chiamata Genoa Cricket and football Club. Il Genoa vinse qui, come il Milan, il suo primo scudetto. Vittorio Pozzo vide qui il suo primo incontro di calcio, come testimonia la Gazzetta dello Sport dell’epoca.
Nel 1914 una alluvione priva il ponte di un’arcata; negli anni ’20 il ponte viene mutilato per permettere la costruzione della strada di sponda sinistra e da allora si presenta così come oggi lo conosciamo, con sei arcate. E’ la fine della dimensione bucolica della Val Bisagno e della trasformazione della vallata in zona di servizio ed è l’inizio, con il restringimento del Bisagno, dei problemi idrogeologici della città.

Due anni fa, dopo aver resistito alla furia del Bisagno per secoli, il Ponte è stato messo in pericolo dall’uomo, a causa di un progetto di demolizione fatto dalla Regione e Comune: a seguito di questo disegno il quartiere si è mobilitato in difesa del proprio Ponte affermando il valore storico e simbolico di questo bene e mobilitando il mondo della tecnica e della cultura in suo aiuto.
L’Università di Genova e il Politecnico di Milano sono venuti in nostro aiuto affermando la possibilità di un adeguamento idraulico. Si sono strette attorno al ponte associazioni di ogni sorta, compresa “A Compagna”, Fondazione Genoa, Palazzo Ducale, WWF e FAI. Proprio il Fondo Ambiente, con la passata edizione del censimento “I luoghi del cuore” ci ha permesso di arrivare primi a Genova nell’edizione 2012. In seguito a questa manifestazione di interesse la Soprintendenza per i Beni Artistici e Architettonici della Liguria ha posto un vincolo monumentale sul Ponte Carrega. Ora la nostra Associazione si appresta a raccogliere altre firme sempre per il censimento “I luoghi del cuore” per accedere ai fondi per completare il restauro del Ponte incominciato già lo scorso anno con una grande manifestazione di cittadinanza attiva con i volontari del CAI Bolzaneto appesi alle ringhiere per togliere le piante infestanti cresciute ai lati del ponte e con il resto della cittadinanza impegnata a carteggiare e a riverniciare la ringhiera ottocentesca.
L’Associazione chiese i permessi per lavorare sul Ponte un mese, ma dopo quattro giorni tutto era già finito. I tanti cittadini che accorsero a lavorare per il Ponte, dagli Scout ai centri sociali, dagli Ultras ai circoli Arci, resero le operazioni di restauro veloci e festose. Ora con la nuova raccolta firma l’Associazione vuole completare i lavori per riportare il Ponte all’antico splendore ricollocando l’antica edicola votiva al centro del Ponte (dove si trovava fino agli anni ’20 e fino all’arginatura della sponda sinistra) e ripristinando la vecchia illuminazione con i pali ottocenteschi che IREN ci ha concesso.

L’obiettivo è quello, ancora una volta, di portare l’attenzione su un “bene comune” al centro del mirino, patrimonio della vallata e della città.

Fabrizio Spiniello

Articolo comparso sul numero 2 del febbraio 2015 del giornale “Noi in 20 Pagine, il mensile della Polisportiva Alta Val Bisagno”, nella sezione “C’era una volta…”a cura della Associazione Amici di Ponte Carrega.

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